PRENDO SPAZIO


Prendo spazio. Ho dato una ripulita a questo non-luogo che appare desueto oramai, ma mi chiedo se proprio nella sua "lontananza" non sia un approdo migliore per riflessioni e appunti. 

Comincio ad avere la consapevolezza che l'ambiente virtuale rappresenta una gabbia notevole per ogni pensiero e possibilità. Condividiamo foto e linee di testo, emoticon accattivanti e siamo diventati emanazione di una cultura della pubblicità a tutti i costi.

Questa riflessione appare nella mia testa, deflagrante, durante un lockdown (il secondo) causato dal Covid 19. Interessante che non si parli mai di lockdown, oramai parola bandita e colpevole di far scivolare i "post" verso rating che tendono allo zero.

Durante il "primo" esperimento di clausura sociale ho pubblicato un diario chiamato "Attrezzi del Mestiere" in cui mi sono posto l'obiettivo di scrivere e registrare un brano nuovo ogni giorno.

Non prevedevo l'improvvisazione ed ho usato una pratica quotidiana di scrittura e immaginazione.

(Qui il link).

Questa seconda chiusura con il conseguente blocco delle attività per il nostro settore di reietti, ha significato psicologicamente una martellata sulla fronte. Mi accorgo che il peso di una considerazione nulla, o quasi, da parte del Governo Italiano rispetto alla componente edificante dell'arte ed alla sua possibile partecipazione al processo di cura e consapevolezza della società, è stato enorme. E lo è ancora. 

Ma non riuscendo neanche ad immaginare una vita lontana da quella che ho costruito negli ultimi venti anni, ho deciso di mettere mano di nuovo alla mia disciplina...Ed ho pubblicato due lavori nei primi dieci giorni di questa nuova chiusura. Skyline è una raccolta di song, scritte recentemente e con qualche ripescaggio storico e Colonna (a Marco) in cui mi cimento nell'interpretazione di brani di Andrea Centra, miei e del brano che da il titolo al lavoro , un brano scritto per me da Gianni Lenoci.

Una terza entità è nata in questi giorni, ImproDiario, in cui mi impongo di registrare un brano improvvisato a scadenza diaristica appunto. 

Ovvero, metto in atto la seconda parte di una struttura che per me rappresenta lemma di resistenza.

Ma rifletto sulla complessità della condizione in cui viviamo. E cerco lucidità, e la trovo solo nel pormi dalla parte di chi opera senza voler altro che lo spazio per "agire". 

Molte cose si muovono, con evidente confusione ideologica, semantica ed una certa inconsistenza di idee. Ma si muovono, ci si pone domande e forse, finalmente, i presupposti per un'analisi che metta in crisi vari paradigmi della nostra condizione in questo Paese sta trovando timidamente spazio.

La mia primaria rivendicazione è rappresentata dal ruolo che in quanto "operatori culturali" siamo chiamati a ricoprire al di là se qualcuno ce lo affida o no. Noi "educhiamo" attraverso la proposta, la critica, l'immaginazione. Lo facciamo agendo sull'apparato più colpito e meno pubblicizzato di questa attualità: la sfera emotiva delle persone.  

E la gambizzazione avviene non solo a colpi di Dpcm, ma dalla mancanza di visione generale che sposi questo ruolo. Se abitiamo spazi che sono privi di libertà, se la struttura in cui ci muoviamo è vincolata a direttrici superiori (e non facciamo neanche caso a questo oramai, semplicemente accettiamo che la cosa sia in questi termini....vedi Facebook e la sua censura continua, vedi la polarizzazione continua dei contenuti e la prona accettazione di ogni informazione attraverso un contenitore in cui sembra di essere sempre "insieme" a qualcuno, ed in verità siamo sempre più soli) non abbiamo altra possibilità che scavare strade "oltre" quei confini. 

Riprenderci dello SPAZIO insomma. In cui cominciare a fare le cose veramente insieme. 

M

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